Incivili in quota, il bivacco Locatelli chiude a tempo indeterminato

Qual è la differenza tra rifugio e bivacco? Quella che potrebbe sembrare una domanda banale agli appassionati di montagna, risulta ancora oggi non essere chiara all’unanimità. Ne è testimonianza un fatto verificatosi di recente sulle Alpi. Rifugi e bivacchi rappresentano da circa due secoli, dalla nascita dell’alpinismo, punti di riferimento e di appoggio per alpinisti ed escursionisti. Nel primo caso si tratta di strutture di accoglienza, gestite dai cosiddetti “rifugisti”, che offrono alla clientela la possibilità di pernottare, di rifocillarsi (e laddove possibile di farsi anche una doccia). Nel secondo caso si tratta invece di edifici non gestiti, di cui è opportuno usufruire con rispetto. Non di rado i bivacchi montani diventano protagonisti di vicende di pura inciviltà, come accaduto nei giorni scorsi sul Monte Due Mani, nelle Prealpi Bergamasche.

Il Bivacco Locatelli chiude per colpa degli incivili

Il termine “bivacco” affonda le sue radici nel mondo militare. Come riporta il vocabolario Treccani, il significato originario è “sosta all’aperto, di breve durata e per lo più notturna, di truppe in movimento, o di gruppi di persone in viaggio, durante una lunga marcia”. In linea con tale definizione, il bivacco in ambito alpinistico rappresenta un ricovero in cui poter trascorrere una notte al riparo da intemperie, quali pioggia e vento, o anche dalla caduta di pietre.

L'interno del Bivacco Locatelli
Photo by kaitu @ Mapillary.com licensed under CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/deed.en) – Gentechevainmontagna.it

Può trattarsi di una tenda portatile, di una grotta, oppure di un cosiddetto “bivacco fisso”. Queste sono le strutture che si tende talvolta a confondere con i rifugi alpini. Un bivacco fisso è un edificio realizzato in legno, lamiera o muratura, dotato di posti letto (generalmente una decina al massimo), senza assistenza. A prendersi cura delle strutture, provvedendo a pulizie straordinarie, riparazioni o lavori di ammodernamento, sono il Club Alpino Italiano (CAI), la Società Alpinisti Tridentini (SAT), associazioni ma anche privati. Tra Alpi e Appennini se ne contano almeno 100, variegati in termini di architettura e di attrezzature e/o materiale a disposizione dei visitatori, dalle coperte alle scorte di cibo ai pannelli fotovoltaici che consentono di disporre di un minimo di corrente elettrica. Belli ma spartani, i bivacchi forniscono dunque all’escursionista o all’alpinista di passaggio un tetto e un giaciglio.

La loro porta è sempre aperta, o quasi. Possono verificarsi condizioni che ne rendano necessaria la chiusura. Esempio estremo è rappresentato dalla pandemia del Covid-19, durante la quale il CAI ha ritenuto opportuno dichiarare inagibili le strutture non gestite, per contenere la diffusione del virus. Ma a volte basta molto meno.  È  il caso del bivacco Locatelli sul Monte Due Mani, nel Lecchese, costretto a chiudere i battenti per inciviltà.

A spiegare in un post Facebook le ragioni che hanno condotto a una decisione sofferta è la sottosezione di Ballabio (LC) del Club Alpino Italiano. “Dopo varie segnalazioni da parte di frequentatori e dopo che alcuni consiglieri sono saliti a pulire e verificare il reale stato del bivacco Locatelli in vetta al Monte Due Mani, comunichiamo quanto segue: nelle ultime settimane il bivacco è “assediato” purtroppo da un gregge incustodito composto da una ventina di capre. Oltre al fastidio e al pericolo (non indifferente) che arrecano a chi decide di sostare nei pressi del bivacco, purtroppo si sono verificati dei casi di ingresso di queste all’interno dello stesso.”

Colpa delle capre dunque? Colpa di chi ha lasciato la porta aperta. “Ci prendiamo l’impegno di verificare se con la porta semplicemente accostata sia consentito l’ingresso alle capre, altrimenti vorrebbe dire che la porta viene lasciata aperta per “dimenticanza” o volontariamente dagli utenti”, prosegue la sottosezione. Sottolineando che l’ingresso degli animali si sia verificato in maniera sempre più frequente negli ultimi tempi. “Raccomandiamo quindi a tutti coloro che passano dal bivacco di chiudere la porta con il dispositivo installato.”

Accanto alle raccomandazioni, il CAI Ballabio informa che “in qualità di responsabili del bivacco abbiamo già contattato il proprietario del gregge perché possa rimediare al più presto al problema spostando gli animali, in caso di necessità ci vedremo costretti a comunicare il tutto agli enti preposti. Vista l’attuale situazione interna stiamo valutando per motivi igienico/sanitari la chiusura definitiva e fino a data da definirsi del bivacco stesso”. Chiusura poi confermata dal Presidente della sottosezione Marco Anemoli.

Il bivacco Locatelli, posizionato a una quota di 1657 metri, non è nuovo a casi di inciviltà e maleducazione da parte degli ospiti di passaggio. Negli anni passati è già capitato di dover intervenire per portare a valle i rifiuti abbandonati. C’è chi non lascia immondizia ma si diverte ad autografare le pareti, altra abitudine da condannare.

Le 7 regole da rispettare in bivacco

La chiusura in piena estate di un ricovero in quota come il Locatelli, fornisce spunto per ripassare le regole fondamentali per l’utilizzo di un bivacco. Regole non scritte, che è bene tenere a mente per evitare il verificarsi di episodi simili.

  1. Non lasciare rifiuti nel bivacco, tutto torna a valle assieme a noi (a meno di voler lasciare cibo a lunga scadenza o altro materiale che possa risultare utile a futuri ospiti della struttura).
  2. Chiudere con cura porte e finestre.
  3. I bivacchi sono sprovvisti di acqua, è bene dunque arrivare equipaggiati.
  4. Non tutti i bivacchi dispongono di coperte, portare con sé il sacco a pelo.
  5. Alcuni bivacchi sono attrezzati con un angolo cucina ma il fornelletto va portato da casa (che in condizioni invernali, se siamo vicini a un ghiacciaio, può tornare utile per sciogliere la neve).
  6. In caso di danni (causati da noi stessi o preesistenti) è bene avvisare i responsabili della struttura.
  7. I cani non possono entrare (art. 15 del regolamento CAI).

Quest’ultimo punto è stato portato all’attenzione di Club Alpino Italiano e SAT (Società Alpinisti Tridentini) di recente dall’ENPA, Ente nazionale protezione animali. Nel mese di maggio due escursioniste salite in quota sulla Vigolana, la montagna a sud di Trento, in compagnia di un cane, si sono viste negare la possibilità di trascorrere la notte in bivacco da un alpinista già presente in loco. Si sono pertanto ritrovate costrette a chiedere ospitalità a un rifugio alpino, in quel periodo chiuso al pubblico. L’episodio ha portato l’ENPA a richiedere una revisione del regolamento attualmente in vigore. “Non può essere il timore dei danneggiamenti o della sporcizia a impedire l’accesso ai cani – ha sottolineato Ivana Sandri, Presidente ENPA Trentino – . Bensì il retaggio di una visione obsoleta di questi animali, fortunatamente oggi superata da una più profonda e diffusa sensibilità”.

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