È la stagione delle zecche! Come evitarle, come liberarsene

Il solstizio d’estate si avvicina, le temperature iniziano ad alzarsi e, piogge permettendo, sale la voglia di una fuga in quota per trovare ristoro dal caos delle città. Tra i principali suggerimenti da seguire per godere al meglio di una uscita estiva in montagna, accanto ai classici bere tanto e proteggersi dal sole, ve ne è uno altrettanto importante: fare attenzione alle zecche!

Purtroppo a questi piccoli artropodi (che erroneamente spesso chiamiamo insetti), golosi di sangue umano, la montagna “piace” quanto a noi. I boschi e i prati che scegliamo come mete in cui ritrovare un po’ di serenità rappresentano anche i loro habitat preferenziali. Cosa dovremmo fare dunque, rinunciare alle nostre escursioni estive? Certo che no, la convivenza è possibile, basta conoscere le regole del gioco.

Cosa è una zecca?

Le zecche, come anticipato, sono artropodi appartenenti alla stessa classe dei ragni, degli acari e degli scorpioni: gli Aracnidi. Hanno un corpo tondeggiante e le loro dimensioni variano da qualche millimetro a circa 1 centimetro (a seconda della specie e dello stadio di sviluppo del singolo individuo). Si tratta di parassiti ematofagi obbligati, per i quali succhiare il sangue è necessario per vivere e riprodursi.

Una zecca su una mano
Immagine | Unsplash/Erik Karits – Gentechevainmontagna.it

Per cibarsi utilizzano un apparato buccale, detto “rostro”, che consente di penetrare la cute e succhiare il sangue degli ospiti (una vasta gamma di animali, dai cani ai cervi, fino all’uomo). Presentano un particolare ciclo biologico a più stadi, che possono svolgersi sul medesimo ospite o anche più ospiti. Si inizia dall’uovo, da cui fuoriesce una larva a 6 zampe. Una volta ingerito il primo pasto quest’ultima muta in una ninfa a 8 zampe, che maturerà poi un individuo adulto.

La presenza delle zecche non rappresenta una problematica solo italiana, anzi. Sono essenzialmente diffuse in tutto il mondo e le specie note ammontano a circa 900. In Europa sono presenti due famiglie: quella delle zecche dure (Ixodidi) e quella delle zecche molli (Argasidi). In Italia sono note 36 specie. Quelle più diffuse e cui prestare maggiore attenzione durante le escursioni sono la zecca del cane (Rhipicephalus sanguineus) e la zecca dei boschi (Ixodes ricinus).

La prima si ritrova soprattutto in aree urbane e periurbane, come parchi e giardini. Quella dei boschi, come si evince dal nome, vive prevalentemente nel sottobosco umido e nei prati erbosi, in aree collinari-pedemontane. Secondo quanto riportato dalla Commissione Centrale Medica del Club Alpino Italiano, è stata segnalata fino ai 1300-1400 m di altitudine, ma dai 1000 metri risulta poco presente. Generalmente è lei che rischiamo di riportare a casa con noi a seguito di una uscita in quota. Ricordiamo che la zecca sia presente dove siano presenti suoi potenziali ospiti, dunque luoghi come stalle e pascoli risultano a maggior rischio.

Nonostante siano presenti tutto l’anno, come sottolinea l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), “in generale la loro attività si concentra nei mesi caldi”. Durante l’inverno tendono infatti a “proteggersi dal freddo rifugiandosi sotto le pietre o interrandosi in profondità”. Una volta riattivate col ritorno del caldo, restano tali orientativamente fino all’autunno. I cambiamenti climatici, come immaginabile, stanno influenzando tali ritmi.

Ma come “si prende” una zecca? Non volano, non saltano, generalmente si posizionano all’estremità di piante erbacee o cespugli, in attesa che passi di lì un ospite cui aggrapparsi. La loro puntura è indolore grazie a particolari principi anestetici che vengono iniettati insieme alla saliva. Dopo 2/7 giorni rimaste aggrappate all’ospite, si lasciano cadere. Il problema di una puntura di zecca è legato alla potenziale trasmissione di patogeni, responsabili di alcune malattie, quali la rickettsiosi (febbre bottonosa del Mediterraneo), l’ encefalite virale da zecche (TBE, Tick Borne Encephalitis), la borreliosi di Lyme e la febbre emorragica di Crimea-Congo (CCHF).

Come “convivere” con le zecche

Dopo esserci spaventati abbastanza, vediamo come imparare a convivere con le zecche. Si parte ovviamente dalla prevenzione, ovvero una serie di accorgimenti per evitare il contatto con il parassita.

Zecca su righello
Immagine | Wikimedia Commons/Thomas Zimmermann – Gentechevainmontagna.it

I consigli principali sono 4:

  • indossare abiti chiari così da rendere più facile l’individuazione dei parassiti.
  • coprire le estremità, in particolare inferiori, usando calze chiare o ancora meglio stivali, pantaloni lunghi (e magari anche un cappello).
  • se possibile, evitare di strusciare contro l’erba a margine dei sentieri ed evitare di addentrarsi in zone dove l’erba sia alta.
  • utilizzare repellenti per insetti e zecche, per se stessi e anche per eventuali compagni di escursione a 4 zampe.

Al termine dell’uscita è comunque bene effettuare un controllo visivo e tattile della propria pelle e degli indumenti.  E cosa succede se ne individuiamo una sulla pelle? Va prontamente rimossa (la probabilità di contrarre un’infezione è direttamente proporzionale alla durata della permanenza del parassita sull’ospite) ma bisogna farlo con criterio.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, uno degli errori più comuni, assolutamente da evitare, è l’utilizzo per rimuovere la zecca di  “alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi, oggetti arroventati, fiammiferi o sigarette”. La ragione? L’utilizzo di tali sistemi determina nell’animale una sofferenza tale da indurlo a rigurgitare del materiale potenzialmente infetto, oltre che facilitarne un ulteriore affondamento nella nostra pelle. Da evitare è anche operare a mani nude, dunque rischiare di toccare con mano la zecca, sempre bene usare i guanti.

Vediamo allora quali siano le regole da seguire per andare sul sicuro.

  • Per estrarre la zecca è bene utilizzare una pinzetta a punte sottili. Importante è afferrarla quanto più vicino alla superficie della pelle ed estrarla applicando un leggero movimento rotatorio, con delicatezza (in commercio è anche possibile trovare degli estrattori appositi). Evitare durante l’estrazione di schiacciare il corpicino della zecca, si potrebbe determinare il sopracitato rigurgito di materiale.
  • Una volta estratta, disinfettare la zona (no a disinfettanti colorati come la tintura di iodio).
  • Un rischio in fase di estrazione è che il rostro rimanga all’interno della cute: bisogna in tal caso procedere a estrarlo con un ago sterile o delle pinzette a punte sottili sterilizzate.
  • Dove mettere a questo punto la zecca? Avrete spesso sentito dire che sia bene bruciarla. Il consiglio dell’ISS è di inserirla in un contenitore contenente una soluzione di alcol al 70%, e conservarla in tal modo per le successive settimane così che, casomai si manifestassero dei sintomi, si possa disporre del giusto materiale per procedere alla identificazione della specie e all’isolamento del patogeno.
  • Si consiglia di annotare la data di rimozione, e la data di comparsa di eventuali sintomi nei successivi 30-40 giorni). Qualora si notino la formazione di un alone rossastro che tende ad allargarsi, febbre, mal di testa, debolezza, dolori alle articolazioni, ingrossamento dei linfonodi, è opportuno rivolgersi al proprio medico curante.
  • Dopo aver rimosso la zecca, se non si è più coperti, è necessario sottoporsi alla vaccinazione antitetanica.
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