Perché in montagna i temporali arrivano “a sorpresa”? La parola a Filippo Thiery

È una bella giornata assolata estiva, perfetta per una uscita in quota. Lo zaino è pronto, le previsioni meteo confermano che non vi sia rischio di pioggia o temporali, almeno fino al pomeriggio. Non resta che partire. Ma ecco che all’improvviso, in anticipo sui tempi, nubi in rapido avvicinamento oscurano il sole e la pioggia inizia a cadere, anche intensamente, per una frazione di tempo talvolta così breve da non concedere il tempo di indossare un guscio impermeabile. Abbiamo chiesto a Filippo Thiery, meteorologo della trasmissione di Rai 3 Geo, di aiutarci a comprendere perché in estate capiti così frequentemente che le previsioni sembrino “sbagliare”.

La parola al meteorologo Filippo Thiery

Filippo, può spiegarci perché le previsioni meteo risultino “imprecise” in montagna?

Le previsioni puntuali, a scala di comune o frazione di comune o quartiere, non sono possibili in nessuna situazione orografica, neanche in pianura. O meglio, un simile dettaglio si può fornire solo in condizioni particolari, di tempo uniforme su ampie aree. Ad esempio se piove ovunque: in presenza di un fronte perturbato molto esteso con precipitazioni diffuse e persistenti, piove su tutta una regione, o anche metà di essa, e allora è banale poter “indovinare” il tempo sulla singola località. Oppure abbiamo il caso opposto, quando c’è il sole ovunque, come avviene quando si afferma il dominio di un vasto anticiclone.

Se invece ci troviamo di fronte a una situazione di variabilità, instabilità, di temporali a carattere isolato o sparso, che si verificano rispettivamente in maniera puntuale, passatemi il termine “fantozziana”, o a macchia di leopardo, sapere in anticipo dove esattamente pioverà o precisamente a che ora, è impossibile, ribadisco anche in pianura. A maggior ragione l’impredicibilità aumenta laddove ci sia una orografia complessa, con vette e valli, perché l’orografia interagisce con le correnti atmosferiche. Per quanto si possano modellizzare tali interazioni, stiamo parlando di approssimazioni, e con un sistema fisico caotico come l’atmosfera, ogni approssimazione si riflette in una crescita esponenziale dell’incertezza.

Fra l’altro in montagna tra due valli limitrofe, tra un versante e l’altro o tra due vette vicine, ci possono essere condizioni molto differenti. Se è vero che in pianura possiamo avere un comune interessato da un nubifragio e quello accanto in cui non è piovuta una goccia d’acqua, in montagna la mutevolezza delle condizioni meteo, sia di chilometro in chilometro che di ora in ora, è decisamente esaltata, e simili situazioni si verificano anche in condizioni più ordinarie. Quante volte capita di ritrovarsi nella nebbia e scoprire che nella valle a fianco non ci sia, oppure beccarsi un temporale mentre l’amico sulla montagna vicina è rimasto asciutto?

Temporale in arrivo sulle Dolomiti
Immagine | Unsplash @Allessio Furlan – Gentechevainmontagna.it

Si tratta di una peculiarità estiva o succede tutto l’anno?

Succede soprattutto in estate, in condizioni atmosferiche favorevoli allo sviluppo di fenomeni molto concentrati nello spazio e nel tempo, come i temporali, che si possono registrare durante tutto il ciclo annuale ma sono peculiari della stagione estiva, intesa come semestre estivo, da marzo a settembre/ottobre. Fenomeni che risultano più forti e violenti quando i contrasti termici tra il suolo e l’alta atmosfera sono più elevati, dunque nei mesi estivi. Più fa caldo nei bassi strati, più basta un refluo d’infiltrazione fresca negli strati più alti dell’atmosfera per avere contrasti molto alti in poche migliaia di metri lungo la verticale, il che dà luogo a una colonna atmosferica molto instabile, favorendo l’innesco di temporali.

Con i fronti perturbati autunnali, quando arrivano strutture molto ampie, per esempio dall’Atlantico, che solitamente mostrano anche una dinamica più lenta, la predicibilità risulta molto più alta e si riesce a identificare zone in cui piove e in cui no. Sono quei casi in cui il meteorologo fa una bellissima figura, perché è in grado di dire con buona precisione dove e quando pioverà. Queste circostanze portano l’utenza a credere erroneamente che ciò sia possibile sempre. L’incertezza di una previsione meteorologica non è sempre la stessa e addirittura cambia molto drasticamente.

Ci sono casi in cui si può quasi “dare il segnale orario” sull’inizio di una certa fenomenologia e casi in cui la previsione per il giorno dopo è probabilistica. Esempio: “domani sulle Alpi centro-orientali o sull’Appennino settentrionale è una giornata a rischio di rovesci o temporali”. Si può a volte, non sempre, identificare la fascia oraria più a rischio, però sapere esattamente su quale montagna, su quale valle, quale comune si vada a verificare il fenomeno temporalesco e dove non cadrà una goccia d’acqua, è un dettaglio che si può sapere solo in corso d’evento o, nei casi più fortunati, col cosiddetto nowcasting, che utilizzando strumentazioni di monitoraggio dei fenomeni meteorologici particolarmente avanzate, come i radar meteorologici e i satelliti ad alta risoluzione, permette di identificare l’evoluzione di un temporale con un quarto d’ora o mezzora, a volta un’ora di anticipo.

Esistono siti o app più attendibili cui fare riferimento per le previsioni meteo in montagna?

Su qualsiasi sito, pubblico o privato, che si consulti, la prima regola da seguire è non consultare i prodotti automatici di previsione. Generalmente su un sito (o anche una app) inseriamo la località che ci interessa e viene fuori una sequenza di icone (sole, nubi…), accompagnate da valori di temperatura, venti, etc. Sono gli output di un modello numerico di previsione, che per quanto possa essere sofisticato è solo uno dei tanti modelli di simulazione dell’ipotetico scenario di come evolverà la dinamica atmosferica su quella zona. Se guardiamo siti o app diverse, basate su modelli diversi, troveremo previsioni diverse. E non possiamo sapere, se non a posteriori, quale modello stesse simulando al meglio la realtà.

E non è detto che la volta dopo sia nuovamente quello a risultare il migliore. Inoltre, se abbiamo detto che una previsione puntuale, riferita a una montagna o una valle, non possa essere fatta se non in corso di evento o poco prima che questo di verifichi, è chiaro che stiamo guardando un dettaglio fittizio. Qual è la soluzione? Fare riferimento ai bollettini emessi dai meteorologi, che utilizzano sì modelli matematici ma li confrontano e li interpretano col valore aggiunto della soggettività umana.

Il meteorologo, come un medico, guarda i dati e i supporti oggettivi, e sulla base della sua esperienza elabora una diagnosi e una prognosi. Bollettini quali quelli scritti o esposti in tv dagli esperti (dell’Aeronautica Militare, della Protezione Civile o di quegli enti privati che impiegano a loro volta professionisti qualificati, come i fisici dell’atmosfera) o prodotti dai servizi meteorologici regionali, che non vi diranno mai se su una specifica montagna o su un singolo comune pioverà o ci sarà il sole, ma ad esempio che su una determinata zona di Alpi o Appennini (ed eventualmente in qualche fascia della giornata, ma non a che ora esatta) vi possa essere per l’indomani rischio di rovesci o temporali, o di venti forti, nevicate, ecc..

A proposito di rovesci e temporali: sono due condizioni che vorrei evidenziarvi essere differenti tra loro. Un rovescio, uno scroscio di pioggia, in montagna non ha mai fatto male a nessuno (a patto, ovviamente, di essere adeguatamente equipaggiati, e che non si tratti di precipitazioni così abbondanti da avere impatti sulla vulnerabilità di un versante, es. innescando colate detritiche o di fango e terra). Il temporale, anche di poco conto in termini di precipitazioni, è accompagnato da attività elettrica, di cui è bene avere un sano timore.

Temporali in montagna
Immagine | Pixabay @Sethink – Gentechevainmontagna.it

Una curiosità: di recente in Dolomiti si sono verificati temporali estremamente violenti. Sono da considerarsi classici fenomeni estivi o una anomalia?

Possiamo parlare di anomalia. In Cadore ci sono state intere porzioni di bosco schiantate al suolo dal transito di un sistema temporalesco intenso anche se in rapido transito, accompagnato però da un fronte di raffiche lineari altamente distruttivo. Cosa sono queste raffiche: il temporale scarica dall’alto del cumulonembo verso il suolo aria fredda e secca, che non potendo penetrarlo si divarica a ventaglio, in orizzontale, e tali raffiche possono risultare anche più forti di quelle vorticose innescate dai tornado (quando da una nube temporalesca scende la classica nube a imbuto). In inglese si definisce downburst, in italiano non abbiamo un termine corrispettivo, per cui è preferibile mantenere la nomenclatura anglosassone.

Inoltre si sono anche manifestate ripetutamente in pianura grandinate con chicchi di 10-12 cm di diametro, assolutamente non usuali in Pianura Padana. Sono fenomeni che siamo più abituati a osservare nelle grandi pianure americane. Non si è trattato di eventi unici nella storia, ma come dovrebbe ormai essere chiaro, a causa del cambiamento climatico, si assiste all’aumento in frequenza di fenomeni rari.

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