Walter Bonatti, vita e imprese del mito dell’alpinismo italiano

Alpinista, esploratore, scrittore, fotografo e giornalista, Walter Bonatti è una figura eclettica e unica all’interno del mondo dell’alpinismo italiano e mondiale. È una vera e propria leggenda di questa disciplina, le sue imprese sono uniche e conosciute in tutto il mondo e la sua storia è ancora oggi fonte di ispirazione per tantissime persone. Ecco la sua vita e le sue imprese.

Walter Bonatti, la sua vita, le sue imprese e il “caso K2”

Nato il 22 giugno 1930 a Bergamo, vive un’infanzia piena di trasferimenti tra la città natale, Monza e Vertova. Tornato a Bergamo la sua curiosità, la voglia di scoprire il mondo e di cimentarsi in sfide dure e difficili sono caratteristiche innate in Walter Bonatti, che lo portano ad avvicinarsi a quella che sarà la sua passione per tutta la vita.

Il primo approccio con la montagna arriva solo con la maggiore età, in adolescenza pratica ginnastica con la Forti e Liberi di Monza allenando il fisico alla resistenza e acquisendo una buona dose di elasticità che gli sarà di grande aiuto in parete.

Walter Bonatti e gli altri membri della spedizione italiana sul K2 del 1954
Immagine | Photo by Conefrey licensed public domain (https://commons.wikimedia.org/w/index.php?search=Walter+Bonatti&title=Special:MediaSearch&go=Go&type=image) – Gentechevainmontagna

La prima esperienza in montagna avviene nel 1948, sulle Prealpi lombarde. A formarlo alpinisticamente è il gruppo dei “Pel e Oss”, formato da quelli che saranno i suoi principali compagni di cordata: Andrea Oggioni e Walter Paganini. Orobie e Grigne sono le montagne su cui Walter fa le prime salite, durante le quali dimostra tutto il suo talento naturale. Infatti, già nel 1949 è protagonista di ripetizioni su difficoltà estreme come la Bramani-Vitali alla nord-est del Pizzo Badile, la Ratti-Vitali alla ovest dell’Aiguille Noire de Peutérey e la Cassin sulla nord dello Sperone Walker alle Grandes Jorasses. Il salto di qualità arriva nel 1951 quando, in cordata con Luciano Ghigo, riesce nella salita dell’inviolata parete est de Grand Capucin, che all’epoca fu, secondo diversi alpinisti, la più grande impresa mai realizzata.

Dopo il primo grande successo Bonatti non si ferma, anzi, scala risolvendo con apparente facilità i più grandi problemi alpinistici del momento. Nel 1953, insieme a Carlo Mauri, realizza la prima invernale della Cima ovest di Lavaredo per poi spostarsi, qualche giorno dopo, sul Cervino dove, in coppia con Roberto Bignami, effettua un’altra prima invernale aprendo una variante direttissima lungo gli strapiombi della cresta del Furggen. Sempre con Bignami, nell’estate del 1953, effettua diversr prime ascensioni sulle Alpi centrali. In seguito agli ottimi risultati alpinistici viene ammesso al Club Alpino Accademico Italiano e, nello stesso tempo, viene selezionato da Ardito Desio per partecipare alla spedizione italiana sul K2. Una spedizione destinata al successo, ma ricca di contraddizioni. Incoerenze legate principalmente a una discrepanza nel racconto degli eventi svoltisi in quota tra il 30 e il 31 luglio 1954. Quanto raccontato da Walter Bonatti e la relazione ufficiale, redatta dal capospedizione Ardito Desio, non coincidono, anzi. I fatti racconti da uno e dall’altro protagonista sono opposti. Nasce così il famoso “caso K2”, una piaga per Walter che si trova a lottare per anni, a raccontare in pagine e pagine, in interviste, in libri, la sua verità. Una verità che ha richiesto 50 anni per essere riconosciuta. Polemiche e discussioni proseguono per anni, arrivano in tribunale, e segnano duramente il carattere di Walter. “A 53 anni dalla conquista del K2 sono state finalmente ripudiate le falsità e le scorrettezze contenute nei punti cruciali della versione ufficiale del capospedizione Ardito Desio. Si è così ristabilita, in tutta la sua totalità, la vera storia dell’accaduto in quell’impresa nei giorni della vittoria” le parole con cui un settantenne Walter Bonatti metterà la parole fine a questa amara vicenda.

Successivamente compierà altre imprese, come nel 1955, quando porta a compimento una delle sue imprese più note: la scalata del sud-ovest del Petit Dru (Monte Bianco) in solitaria. Un’impresa che segna indelebilmente la storia dell’alpinismo. Il Monte Bianco diviene in breve la seconda casa di Walter, sempre nel 1955 entra a far parte delle guide di Courmayeur e vi si trasferisce stabilmente nel 1957. È sul Bianco che prepara le sue scalate sulle montagne del mondo, ma è anche qui che vive alcune delle sue avventure più epiche. Nel 1957, con Toni Gobbi, apre una nuova via sullo spigolo nord-est del Grand Pilier d’Angle. Sulla stessa vetta ritorna nel 1962 quando, con Cosimo Zappelli, apre una via sulla parete nord; e ancora nel 1963 quando, sempre con Zappelli, apre una via sulla parete sud-est. Sempre sul Monte Bianco, nel 1961, avviene la sua salita più tragica: il Pilone Centrale del Freney, vetta inviolata del massiccio, che Bonatti decide di affrontare lungo la sua parete sud. Con lui ci sono Andrea Oggioni e Roberto Gallieni poi, durante la salita, incontrano al bivacco della Fourche la cordata francese composta da Pierre Mazeaud, Pierre Kohlmann, Robert Guillame e Antoine Vieille. L’obiettivo è comune, così i due gruppi decidono di unirsi ed effettuare insieme l’ambizioso tentativo. Il finale di questa salita è tragico: solo Bonatti, Gallieni e Mazeud sopravvivono.

Nell’inverno 1963 ritorna sul Monte Bianco con Cosimo Zappelli per compiere la prima invernale dello Sperone Walker alle Grandes Jorasses su cui ritorna nel 1964, con Michel Vaucher, ad aprire una via sullo sperone Whymper. Due anni dopo l’ultimo grande capitolo della sua carriera: in inverno, da solo, sulla nord del Cervino. Il suo modo per salutare l’alpinismo estremo e aprirsi a un nuovo tipo di esplorazione, non più verticale ma orizzontale, fino alla sua morte il 13 settembre 2011.

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