Il pozzo più profondo mai scavato sulla Terra aveva un preciso scopo e un obiettivo incredibile: ecco a cosa serviva.
I pozzi sono stati delle invenzioni più importanti. Sin dall’antichità l’uomo ha cercato di stabilirsi nei pressi delle fonti d’acqua, ed i pozzi hanno certamente rappresentato uno dei simboli della nascita del concetto di città come lo intendiamo oggi. Sono state le prime grandi opere di ingegneria civile e, tutt’oggi, nei Paesi meno sviluppati, rappresentano una fonte preziosa di accesso all’acqua.
Non tutti i pozzi, però, hanno avuto o hanno questo scopo. Alcuni, ad esempio, sono stati utilizzati per scopi scientifici. Oggi parliamo proprio di un progetto scientifico che si è sviluppato intorno ad un pozzo per oltre vent’anni e che aveva lo scopo di fornire quante più informazioni possibili sullo stato di salute del nostro pianeta, ma anche delle forme di vita antichissime.
Il pozzo di Kola
Come accennato, oggi parleremo del pozzo più profondo scavato dall’uomo: si tratta dell’SG-3, conosciuto come “il pozzo sperimentale di riferimento profondo di Kola”. Si trova in Russia, ma non è possibile più utilizzarlo, dal momento che è stato sigillato definitivamente del 2005. Ma a cosa serviva? Siamo nella regione di Murmansk, nella Russia più profonda e gelida, nel 1970: l’allora Unione Sovietica individua in questo sito per portare a termine uno dei suoi più ambizioni progetti di ingegneria.
Siamo anche in piena guerra fredda ed appena qualche anno prima -nel ’66 – gli Stati Uniti avevano abbandonato un progetto simile, chiamato Mohole, a Guadalupe in Messico, arrivando ad una profondità di 3.653. I sovietici, dicevamo, iniziarono le trivellazioni con un obiettivo mastodontico anche per i giorni nostri: raggiungere i 15km di profondità, con 23 cm di diametro. Gli scienziati scavarono per oltre 22 anni, ma cosa trovarono? Già alla profondità di 6,7km poterono osservare dei fossili microscopici di 24 specie di plancton unicellulari estinte da tempo. In seguito diversi strati d’acqua – provenienti dai minerali nella crosta terrestre – ma poi si gli studiosi sovietici si imbatterono in uno strato di roccia impermeabile e difficile da superare.

Nel 1983, gli scienziati pensarono di essere arrivati ad una svolta: superati i 12km sembrava a portata di mano il record prefissato. In realtà, proprio in quel frangente iniziarono i problemi, con un sezione del treno di barre che si attorcigliò, rimanendo incastrata nel pozzo. Come ha spiegato tempo dopo il ricercatore Pet’r Skufin: “Il treno di aste non poteva supportare carichi enormi ed ha iniziato ad allungarsi la gomma”. Ma non è tutto, perché un altro nemico iniziò a minare l’impresa: il calore.
Gli studiosi avevano ipotizzato una temperatura delle rocce vicina ai 100°, ma con molta sorpresa il calore era molto più alto, sfiorando i 180°. Soltanto a questo punto, visti i numerosi rallentamenti, i costi proibitivi, e diversi altri problemi, il progetto fu definitivamente abbandonato. Ma per farsi quasi un’idea dell’enorme progetto, basti pensare che la Fossa delle Marianne non supera gli 11.000 metri.